Matilde Serao “La Sinfonia delle Mortadelle”
“Ah se Bologna non avesse una storia gloriosa, se le mancasse quella grandezza che è lo Studio Bolognese, se le mancasse quella magnifica piazza che è la piazza Maggiore, se non avesse la bizzarria architettonica della sua torre Carisenda, se non fosse bella e affascinante come è, ebbene basterebbe a farla nominare in tutto il mondo la sua Mortadella, come basterebbe a Modena la gloria dei suoi zamponi che il Bellentani, l’amico del goloso Gioacchino Rossini, ancora manda in tutto l’orbe terracqueo. Figuratevi che con nobile affetto verso questo squisito salame che li fa arricchire, in nome della comune Mortadella, i salumai di Bologna Zappoli, Orsi, Lanzarini, Romagnoli, Forni, Colombini, Bacchi, Bassi, Bordoni, Nanni, Samoggia, Manfredini, Vacchi, Fiorini, Matteuzzi e Dondi, vale a dire sedici salumai, hanno esposto una immensa vetrina comune, a cui sovrasta modestamente, umilmente, con quella taciturna umiltà che lo distingue, il buon animale grasso e nero che Sant’Antonio ha amato. Oh quante Mortadelle! Ve ne sono delle piccole e ve ne sono delle grandissime; alcune brune nel loro involucro di pelle scura, altre scintillanti nella carta d’argento, come un prosciutto inglese di York; alcune adagiate fra una verdura fresca che fa risaltare la rosea carne fresca, altre sospese a un chiodo; moltissime, infine, chiuse in quelle scatole di latta, a forma dì mezza galletta, in cui Cirio fa viaggiare questa Mortadella per tutto il mondo. In realtà, pare profondo il motto di quel filosofo pratico che dice di esser più utile all’umanità l’invenzione di una nuova pietanza che la scoperta di una costellazione. L’esportazione della Mortadella è qualche cosa di stravagante; tanto che piangano le lettrici appassionate si sono dati al commercio di quell’utile animale che la produce, due scrittori di Romagna, Olindo Cuerrini cioè Lorenzo Stecchetti, e Ottone di Banzole.
La sinfonia delle Mortadelle! Uno scolaro di Zola non mancherebbe di metterla in un romanzo se si trovasse a passare per L’Esposizione Emiliana, libero il lettore di preferire una sottile fetta rosea del fresco salame alle lunghe descrizioni che nessuno vede e nessuno sente!”
(L’Italia a Bologna: lettere di Matilde Serao per le Feste del 1888, a cura di Valerio Montanari e Giancarlo Roversi, Bologna, 1988)