1242: Nasce l’arte dei Salaroli
Si accetti o meno l’ipotesi dell’età romana quale momento fondamentale per la nascita della Mortadella, una presenza tanto numerosa di branchi di porci, che grufolavano per le campagne bolognesi dell’antichità, si può spiegare soltanto con un consumo molto forte di prodotti suini da parte della popolazione locale. Un’abitudine inveterata, quindi, che si è radicata profondamente col passare del tempo e forse ha ricevuto un nuovo incentivo durante la permanenza a Bologna, tra l’VIII e il IX secolo, prima dei Longobardi e poi dei Franchi, due popoli che avevano una certa predilezione per i prodotti porcini.
Del resto, la preminenza dell’allevamento dei maiali attraversa tutto l’alto Medio Evo. Ad attestarla è un aspetto curioso della civiltà dell’epoca. Fino attorno al Mille i boschi non venivano individuati rispetto alla loro area o all’entità degli alberi che vi crescevano, ma in base alla quantità di maiali che ospitavano. Più precisamente, per indicare la loro estensione e la loro rilevanza si faceva riferimento al numero di suini che erano in grado di accogliere.
Se la Mortadella venne effettivamente alla luce in età antica i metodi di fabbricazione non dovettero subire sensibili variazioni durante il Medio Evo. E questo nonostante il ruolo sempre più rilevante assunto, nella confezione dei vari tipi di insaccati, dalle nuove spezie venute dell’Oriente, soprattutto il pepe, cui potevano associarsi a seconda dei salumi la cannella, la noce moscata, lo zenzero, il cumino, lo zafferano e i chiodi di garofano.
Quando nel 1242, nel pieno dell’età comunale che segna il periodo di maggior fulgore nella storia di Bologna, i Salaroli si riunirono in corporazione e approvarono i loro primi statuti, certamente ereditarono dal passato un’esperienza di cui non poteva non far parte anche la Mortadella.
La consapevolezza delle sue antiche radici è chiaramente espressa da un erudito bolognese che, essendo vissuto nel sec. XVII, era ancora in grado di cogliere i segni palpabili di una tradizione orale e materiale che veniva da lontano. Si tratta di Ovidio Montalbani, “filosofo e leggista”, che nel 1670 nel libro L’honore dei Collegi dell’Arti della città di Bologna scrive testualmente: “Gli esercitanti l’Arte dè Salaroli in Bologna s’acquistarono fino da gli antichissimi tempi honoratissima fama per le Mortadelle squisitissime bolognesi, le quali sono sempre state di grandissimo grido e di gusto ai palati di lontanissime parti, e massimamente di quei che si dilettano di adornare sontuose e magnifiche le tavole”.