Etruschi, Galli Boi o Romani: Chi è stato l’inventore?

Stele romana di età augustea con l’immagine di un mortaio con pestello, usati quasi certamente per la lavorazione delle carni suine e la confezione di insaccati
(Museo Civico Archeologico di Bologna)

Un lungo cammino sta alle spalle della nostra ghiottoneria suina che, a poco a poco, affina la propria tecnica di fabbricazione e si tipicizza nel gusto diventando sempre più familiare ed appetibile a una compagine più o meno ampia di persone che, col passare del tempo, entra in stretta simbiosi con essa. E poi ne fa l’espressione simbolica della propria cultura, non soltanto di quella alimentare.
Anche se forse era presente nelle botteghe dei bolutarii dell’antica Bononia di età augustea, le sue origini dovevano risalire a un periodo più lontano nel tempo. Forse addirittura al periodo degli Etruschi, come azzarda uno storico dell’alimentazione del calibro di Giovanni Ballarini con cui concordano Carlo Cantoni e Patrizia Cattaneo che rammentano la profonda esperienza degli Etruschi nella salagione della carne di maiale.

Ma, procedendo sempre per congetture, la prima preparazione della Mortadella potrebbe anche risalire, o avere ricevuto nuovo impulso, ai tempi dell’insediamento dei Galli Boi. Sempre che risponda al vero la predilezione delle popolazioni gallo-celtiche per le carni suine insaccate e cotte, secondo quanto sostengono alcuni storici che attribuiscono proprio al periodo dell’occupazione boica l’inizio dell’allevamento dei maiali e della sapiente lavorazione delle loro sapide carni.
Varrone (De re rustica, lll) nel secondo secolo prima di Cristo scrive testualmente: “I Galli accostumano di tagliare in grande copia della carne porcina che pi salano ed affumicano ed è molto buona. A riprova di questa bontà trasportano dalla Gallia a Roma dei salumi, e dei prosciutti”.
Comunque sia, nel momento di maggior splendore della civiltà romana Bologna pare fosse già famosa per la sua tradizione salumaria e, perché no, proprio per un archetipo di Mortadella di cui ignoriamo gli ingredienti e i modi di fabbricazione.

La prelibatezza e la varietà di specialità suine prodotte fra le sue mura e nel suo esteso contado erano infatti note fin dall’antichità. Come ricorda Polibio in tutta la campagna attorno alla città verdeggiavano estesi querceti ricchi di ghiande che servivano per l’alimentazione dei porci e rendevano saporite le loro carni e i prodotti che se ne ricavavano. Strabone aggiunge che l’Emilia riforniva di carni porcine essiccate e salate e di suini vivi le altre regioni italiane.

I salumi e le altre specialità a base di maiale preparate dalle mani sagaci dei botularii, salsamentarii e porcinarii decoravano le mense degli antichi bolognesi e deliziavano gli ospiti forestieri. Anche l’imperatore Augusto, come narra Plinio, quando pranzò a Bononia, presso un veterano di Antonio (c’è chi fa il nome di Marco Marcello, ma non si sa su quale fonte) dovette apprezzare la squisitezza della cucina locale e la ricca gamma di insaccati tra cui spiccavano saporosi salami, salsicce e altre leccornie nonché profumati prosciutti o perna, che venivano anche cotti in diversi modi. E, possiamo immaginarlo, anche la squisita Mortadella che forse allora doveva chiamarsi tomacina o tomaculum, da cui deriva tomacella o tomasella (termine gastronomico ancora in uso fino al ’700 per indicare una sorta di grossa salsiccia in parte fatta con fegato di maiale).

È infatti ragionevole pensare che questa tradizionale specialità bolognese fosse conosciuta e ricercata già in epoca romana come sembrano rivelare due stele di età augustea, probabilmente appartenenti a un unico monumento funerario rinvenuto nei pressi di Bologna ed entrambe conservate al Museo Civico Archeologico. La prima raffigura un allevatore o commerciante di maiali, il suarius, con un branco di porci, e la seconda un mortaio con il pestello. Secondo una fortunata intuizione dell’autorevole antichista Giancarlo Susini, che ha avuto larga eco presso tutti coloro che si sono occupati di storia dell’alimentazione, tali strumenti dovevano essere impiegati per triturare e amalgamare la carne suina, il sale e le spezie prima dell’insaccatura nei budelli. In altre parole, attraverso questi ferri del mestiere si potrebbe individuare la prima produzione tipicizzata de Mortadelle a Bologna.