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Stufate, bollite e crude: Mortadelle per tutti i gusti

I principali produttori di Mortadelle nel 1782 a Bologna con l’indicazione del modo di consumarle, crude o cotte

 

Nelle pagine del prezioso Atlante dei salumi italiani, Corrado Barberis avanza l’ipotesi che l’attuale formula della Mortadella risalga a tempi abbastanza recenti tutt’al più alla fine del secolo XVII. Le più antiche ricette riferibili in qualche modo alla Mortadella, tramandate da un codice trecentesco della Biblioteca Universitaria di Bologna e da altri manoscritti coevi della Biblioteca Riccardiana di Firenze e della Casanatense di Roma, o non parlano di cottura o, se lo fanno, si riferiscono a preparazioni culinarie che nulla hanno a che vedere col classico insaccato. Lo stesso discorso può valere per altre ricette contenute nei principali trattati culinari del Rinascimento. Ma a leggere le vecchie ricette e i vecchi bandi con l’elenco delle vivande disponibili nelle osterie di Bologna si viene colti da un dubbio: la Mortadella in passato si consumava cruda o cotta?

 

L’agronomo bolognese Vincenzo Tanara nell’Economia del cittadino in villa accenna sì alla stufa ma, a parere di Barberis, questa serve solo per asciugare le Mortadelle appena confezionate.

 

La prima fonte che offre un riscontro inequivocabile della cottura della Mortadella Bologna è il resoconto di viaggio dell’inglese Ellis Veryard, pubblicato a Londra nel 1701. Dopo avere ricordato che le Mortadelle petroniane “vengono spedite in ogni parte d’Europa”, scrive che esse “dopo essere state lasciate a bollire in acqua, avendo cura di cuocerle piuttosto poco che troppo, vengono appese alla cappa del camino fino a che stanno asciutte”. Qui comunque ci troviamo di fronte più a una lessatura che non alla tradizionale stufatura dell’insaccato.

 

Non bisogna però cadere nell’errore di prendere sempre per oro colato quello che scrivono i viaggiatori, spesso vittime di solenni cantonate e, non di rado, turlupinati dai loro interlocutori. Esiste tutta una lunga sequenza di abbagli in cui sono caduti questi turisti ante litteram, che talvolta riferiscono solo una realtà immaginaria, trasfigurata dalla loro rielaborazione mentale: in sostanza ciò che hanno creduto di vedere o ciò che gli è stato dato a intendere.

 

Fra le ricette dedicate alla Mortadella nei trattati gastronomici apparsi tra il sec. XVII e l’inizio del XIX il primo che fa un palese riferimento all’operazione di stufatura per preparare l’insaccato è, agli albori dell’800, Francesco Leonardi già cuoco della zarina Caterina di Russia.

 

Nella ricetta che alla fine del ’600 il francese Nicolas Lemery (Le nouveau recueil de curiositez rares) propone per fare la Mortadella (“saucisson de Bologne”) l’ultima fase di preparazione prevede di lasciare l’insaccato “à l’air ou à la fumée”.

 

Sulla base di queste testimonianze ma soprattutto di quelle offerte dai bandi bolognesi relativi ai calmieri dei prezzi degli alimenti ci si può convincere che in commercio esistevano entrambi i tipi. A tagliare la testa al toro e una fonte inoppugnabile. ln un inedito documento manoscritto della seconda metà del sec. XVlll, conservato nel Fondo Malvezzi della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna (103, n. 7/c) e relativo alle attività commerciali esistenti sotto le Due Torri nel 1782, si legge testualmente che le “Mortadelle si fanno in due modi cotte e crude e, dovendosi mandar fuori, si spediscono crude e se gl’unisce il modo di cuocerle in una carta stampata per tale oggetto”.

 

ISTRUZIONI PER LA COTTURA A CASA

Il foglietto con le istruzioni per cuocere le Mortadelle che alla fine del ‘700 accompagnava quelle destinate all’esportazione

 

Nei secoli passati non esisteva come oggi un solo tipo di Mortadella, quello tradizionale sapientemente cotto attraverso il procedimento della stufatura grazie alla presenza di appositi locali attrezzati e di mano d’opera specializzata. Il saporito salume petroniano veniva venduto anche crudo per la cottura a casa dell’acquirente. Lo rivelano innegabilmente le “istruzioni per l’uso” giunte fino a noi attraverso un rarissimo foglietto intitolato “Regola per cuocere le Mortadelle”, fatto stampare dalla “Fabbrica di Ignazio Babini“, valente salarolo bolognese del ’700.

 

Ecco i suggerimenti per una impeccabile cottura del prodotto:

“Si mettono in acqua fresca ed ivi si lasciano un giorno e poi gli si muta la detta acqua e si mettono al fuoco lasciandole bollire adagio mezz’ora, e si lasciano raffreddare nel suo brodo, e cosi saranno ben condizionate per poterle mangiare”.

 

La consuetudine di produrre due tipi di Mortadella, uno cotto pronto per l’uso e uno da cuocere ad opera del compratore si riscontra a Bologna ancora nella seconda metà ‘ dell’800. Lo conferma irrefutabilmente uno scrupoloso e prezioso testo sui salumi petroniani dovuto ad Alessandro Forni, uno dei più accreditati industriali del settore del secolo XIX, cui va il merito di essere stato il primo a mettere in commercio fin dal 1865 le Mortadelle a fette in scatola.

 

Nella pubblicazione (Industria del confezionamento e conservazione delle carni suine), diffusa nel 1881 in occasione dell’Esposizione industriale italiana di Milano, cui il salumificio Forni partecipò in pompa magna, viene delineato un quadro completo della realtà salumaria bolognese dell’epoca. Riguardo alla Mortadella spiccano queste esplicite affermazioni: “La Mortadella è insaccata in vesciche di bue e viene, in ultimo, sottoposta al regime del prosciugamento nel/a stufa. Ritirando le Mortadelle dalla stufa è necessario lasciar/e raffreddare lentamente e non esporle a forti correnti d’aria. La Mortadella si consuma cotta ed a fette”.

 

Ed ecco i consigli per cuocerle forniti dallo stesso Forni alla fine del suo opuscolo:

 

“La confezione degli insaccati suini, Mortadelle, rinfusi in vesciche e capocolli, incomincia nell’ottobre e seguita fino al successivo marzo. In questo periodo di tempo i suddetti insaccati, trovandosi nello stadio della loro freschezza, per cucinarli basta soltanto farli bollire in acqua, a fuoco lento, per una mezz’ora. Ritirarli poscia dal fuoco e lasciarli raffreddare nella stessa acqua nella quale furono bolliti. Dal mese di aprile in avanti, e cioè quando incominciano ad essere più o meno stagionati ed induriti, in allora bisogna metterli in bagno in acqua fredda e lasciarveli per lo spazio di due od anche tre giorni cambiandovi I ’acqua di 12 in 72 ore. L’ ebollizione in questo caso varia dalli 30 ai 60 minuti a norma del peso, avvertendo di mantenere sempre un fuoco lento. Gli insaccati bolliti si asciugano e si servono a fette”.

Quanto attesta Alessandro Forni trova una conferma in alcuni listini prezzi di salumifici bolognesi dell’800 nei quali figura la duplice citazione di Mortadella cruda e cotta. Si tratta di un aspetto abbastanza sorprendente per coloro che da sempre sono avvezzi a conoscere un solo tipo di Mortadella, quella stufata, suadente col suo bel colore rosa chiaro tempestato di diamanti di lardo.

esperto nutrizione luca piretta

Luca Piretta

Nato a Torino nel 1961, laureato in medicina e chirurgia presso l’Università Sapienza di Roma nel 1987, specialista in Gastroenterologia ed endoscopia digestiva nel 1991, ha ottenuto una laurea magistrale in Scienza della Nutrizione Umana presso l’Università Tor Vergata di Roma nel 2009. Medico di Medicina Generale dal 1995 attualmente è anche docente di Allergie e Intolleranze Alimentari presso l’Università Campus Biomedico di Roma.

E’ autore di capitoli di libri scientifici e di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali relative alle sue ricerche in campo gastroenterologico e nutrizionale Collabora regolarmente con testate giornalistiche televisive (in quanto consulente RAI) e della carta stampata da più di 20 anni.

Vincitore del premio Assolatte per la divulgazione scientifica nel 2014 , e socio di numerose società scientifiche di gastroenterologia e nutrizione. Membro del CD della SISA (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione).

Il salume che sfida la leggerezza.
Le tecniche di lavorazione, costantemente sotto controllo, permettono di mantenere un adeguato rapporto di proteine e grassi con l’assenza totale di polifosfati aggiunti. Con 60/70 milligrammi di colesterolo per etto, la Mortadella Bologna è leggera e dietetica come la carne bianca.

È quindi importante integrare l’impiego di prodotti di origine animale e vegetale: è infatti errato escludere la carne e i suoi derivati pensando che possano far male durante questo periodo, anzi alcuni nutrienti contenuti nella carne sono molto importanti per la salute nutrizionale e per il corretto sviluppo fetale. L’unica cautela da adottare è non consumare carni crude poiché potenzialmente pericolose per la possibile trasmissione di alcune infezioni come la toxoplasmosi, diverso invece è il discorso per alcuni salumi cotti, come la Mortadella.

La Mortadella Bologna IGP, in particolare, può essere tranquillamente consumata durante la gestazione in quanto il suo trattamento termico mette al riparo dalla trasmissione di infezioni pericolose e, allo stesso tempo, consente un corretto apporto di nutrienti nobili ed essenziali per la madre e per il bambino. In particolare, l’apporto proteico è notevole, intorno a 16%, permettendo di fornire i “mattoni” migliori per l’organogenesi del nascituro.

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