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La Bologna, dal vivo

L’Arte dell’Affettatrice al Coltello

L’ARTE DELL’AFFETTATRICI AL COLTELLO: UN LAVORO DA FUORICLASSE
(di Mario Bianconi)

 

 

Distinti dalle feste da ballo erano i veglioni, e ve ne furono d’ogni calibro: di aristocratici e popolari, di modesti e fastosi. Si susseguivano dalla metà di carnevale fino alla prima domenica di quaresima, e avevano luogo nei teatri: valutandosene l’importanza e qualità dall’ordine del teatro.
Al Teatro Contavalli si svolgevano i veglioni degli esercenti, tra cui primeggiava quello dei salumai: “al Veglio‘n di Lardaru», che, se non poteva vantare lo sfarzoso apparato del Veglione dei Fiori, sciorinava in compenso, nella spettacolare Pesca, una tale valanga di prodotti dell’industria salumaria bolognese da sembrare d’essere arrivati al paese di Bengodi. Acquistando un biglietto con pochi soldi era assicurata una vincita che poteva andare da un cotechino a un suino vivo di buon peso, offerto con la relativa gabbia, che spesso il vincitore vendeva su due piedi a qualcuno degli esercenti presenti.

Ma più emozionante ancora era la gara per il trofeo tra tagliatori di Mortadella, che incominciava alla mezzanotte, in vista del pubblico, su di un podio eretto al centro del palcoscenico, cui i concorrenti s’accostavano trepidanti.

A quel tempo non esistevano affettatrici automatiche, nelle botteghe di salumeria insaccati e prosciutti venivano affettati a mano, con la curtleina: l’apposito coltello, foggiato a mano, capolavoro dell’arte fabbrile, come ho spiegato altrove. Questo oggetto, così semplice a vedersi, doveva possedete tre requisiti di assoluta perfezione: larghezza e lunghezza convenienti, flessibilità e leggerezza, taglio di‘ ritto a filo come la canna di un fucile. Un’ondulazione del taglio, anche lieve, ne diminuiva l’efficacia dell’uso.

Si capisce che, per arrivare a maneggiare ad arte la curtleina, era necessario un tirocinio, anzi una scuola. E questo era vanto dei padroni salumai: di allevare un brèv minéster, com’era detto il commesso di negozio in genere, che in questo caso veniva definito unti bona Curtleina. Al veglione dei salumai si esibivano dunque el miòuri curtleini d’ Bulòggna!

La gara consisteva nel tagliare da una grossa Mortadella tre fette tutte intere: riusciva vincitore chi avesse Ottenuto il minor peso nel minor tempo. Una prova seria. Tutto il teatro si metteva in attesa trepidante. “Sta bàn chelum Gigetto” raccomandavano gli amici. Ma poreva accadere che Gigetto, impallidire a un tratto, e col viso già coperto di sudore, deponesse la coltellina, preso dal panico a metà del primo taglio. «E dir cb’l’é una bona curtleina saviv, lulé» “assicu» rava qualcuno rammaricato. E ora un altro, franco e sicuro di sé questo. Eccolo ormai al traguardo della terza fetta. Ancora mezzo taglio. ancor due dita; il polso del tagliatore ha un tremito lievissimo: «Bòja d’na tèra!», la fetta è riuscita incompleta.

E finalmente il vincitore! Applausi, strattoni, e strette di mano da slogare il polso: e il princrpale del festeggiato che urla al di sopra di tutti: «L’é al mi minèster! A s’ fa acsè a fèr di alliev!».

Tra gli spettatori in visibilio per la destrezza mostrata dai concorrenti, non mancava chi, guardando in controluce una delle sottilissime fette di Mortadella appena tagliate, gridava: Che miràquel! A s’vada’ Dan Lorca!” (Che miracolo! Si vede la chiesa della Madonna di S.Luca!) E di rimando un altro: Mè an vedd che al Mlunzàl’ (Io vedo soltanto il Meloncello! ossia il grande arco all’inizio della parte in salita dei portici che conducono al santuario della B.V. di S.Luca).

Dopo di che, in ogni palco del teatro le famiglie, riunite coi propri invitati, incominciavano a sganasciar polli e lombare, a sgranocchiar crescentine e sfrappole, con accompagnamento adeguato di bottiglie e di fiaschi di vino, Qualche coppia si accaniva ancora negli ultimi balli finché, Verso l’alba, il teatro si vuotava.

(M. BIANCONI, Bologna Minore negli aspetti di ieri, Bologna, Tamara, 1969 po. 116-17)

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Luca Piretta

Nato a Torino nel 1961, laureato in medicina e chirurgia presso l’Università Sapienza di Roma nel 1987, specialista in Gastroenterologia ed endoscopia digestiva nel 1991, ha ottenuto una laurea magistrale in Scienza della Nutrizione Umana presso l’Università Tor Vergata di Roma nel 2009. Medico di Medicina Generale dal 1995 attualmente è anche docente di Allergie e Intolleranze Alimentari presso l’Università Campus Biomedico di Roma.

E’ autore di capitoli di libri scientifici e di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali relative alle sue ricerche in campo gastroenterologico e nutrizionale Collabora regolarmente con testate giornalistiche televisive (in quanto consulente RAI) e della carta stampata da più di 20 anni.

Vincitore del premio Assolatte per la divulgazione scientifica nel 2014 , e socio di numerose società scientifiche di gastroenterologia e nutrizione. Membro del CD della SISA (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione).

Il salume che sfida la leggerezza.
Le tecniche di lavorazione, costantemente sotto controllo, permettono di mantenere un adeguato rapporto di proteine e grassi con l’assenza totale di polifosfati aggiunti. Con 60/70 milligrammi di colesterolo per etto, la Mortadella Bologna è leggera e dietetica come la carne bianca.

È quindi importante integrare l’impiego di prodotti di origine animale e vegetale: è infatti errato escludere la carne e i suoi derivati pensando che possano far male durante questo periodo, anzi alcuni nutrienti contenuti nella carne sono molto importanti per la salute nutrizionale e per il corretto sviluppo fetale. L’unica cautela da adottare è non consumare carni crude poiché potenzialmente pericolose per la possibile trasmissione di alcune infezioni come la toxoplasmosi, diverso invece è il discorso per alcuni salumi cotti, come la Mortadella.

La Mortadella Bologna IGP, in particolare, può essere tranquillamente consumata durante la gestazione in quanto il suo trattamento termico mette al riparo dalla trasmissione di infezioni pericolose e, allo stesso tempo, consente un corretto apporto di nutrienti nobili ed essenziali per la madre e per il bambino. In particolare, l’apporto proteico è notevole, intorno a 16%, permettendo di fornire i “mattoni” migliori per l’organogenesi del nascituro.

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