Mortadelle a natale per il papa e i cardinali

Alla mortadella è legata una delle tradizioni più originali dell’antico governo bolognese, il cosiddetto “governo misto” in quanto esercitato alla pari fra il Senato cittadino e il Legato che rappresentava il Papa, cui Bologna si era vincolata con appositi patti, quelli stipulati con Niccolò V nel 1447. Il trattato riconosceva almeno formalmente una certa autonomia alla città, facendone una vera città-stato all’interno dei domini papali. Simboli evidenti di questa semi-indipendenza erano il privilegio di battere una propria moneta all’interno dell’antica Zecca cittadina, una modesta milizia locale, un’imposizione fiscale autonoma e la presenza di un proprio ambasciatore a Roma.

Proprio all’ambasciatore in occasione delle feste di fine anno, ma anche per la Pasqua, spettava l’incombenza della consegna dei regali natalizi a base di specialità bolognesi come i celebri rosoli, i biscotti delle monache, le saponette profumate, salami fini, salsicce e soprattutto succulenti mortadelle.

A beneficiarne erano il Papa e gli altri dignitari della corte pontificia. Un’usanza, questa, che valse al rappresentante del governo bolognese a Roma il titolo un po’ sarcastico di “ambasciatore delle mortadelle“.

Tutto questo conferma, una volta di più, in quale considerazione era tenuto il salume principe di Bologna nei secoli passati. Le mortadelle con gli altri doni viaggiavano nella «valigia diplomatica» dell’ambasciatore o meglio in quella che veniva chiamata la «cassetta de’ regali» che il Senato bolognese mandava nella capitale per gratificare la curia romana. La strada seguita dalla carrozza che la trasportava si snodava per le Marche e l’Umbria, ossia all’interno dello Stato della Chiesa, evitando la Toscana, perché le dogane granducali imponevano gravi balzelli su quanto passava al loro vagi io.

A volte non mancavano i deterioramenti e neppure qualche ammanco, ad opera di vetturali furbi, ma anche di qualche brigante incontrato lungo il cammino. Non di rado con la cassetta delle regalie viaggiavano anche altri doni destinati a nobili romani o anche a personaggi minori, come nel caso dell’agente romano del conte Fulvio Bentivoglio, un tal Felice Bianchi, cui il nobile bolognese si rivolgeva anche per i suoi abbondanti acquisti di tavolette di cioccolato sulle sponde del Tevere.

Talora il Bianchi, certamente dietro pressione della moglie, prende un po’ di confidenza col Bentivoglio per manifestare i suoi desideri gastronomici: «La mia consorte … dice che andrebbe volentieri a San Sabba per mangiare una fetta di mortadella bolognese con bere un bicchiere di rosolio d’aneso … bensì prego se Vostra Eccellenza potesse riuscire di farmene provedere due fiaschi con due salami e due mortadelle e spedirmeli assieme a qualche occasione del signor Ambasciatore».

Naturalmente il Bentivoglio mandò in dono quanto richiesto «da colocarsi nella casetta de’ regalli di Natale in Roma del signor Ambasciatore Gozadini». li Bianchi, che del resto se l’aspettava, non potè che manifestare tutta

la gratitudine in toni molto vivaci: «Ora trovandomi favorito da Vostra Eccellenza del li due fiaschi di rosoli, due salami e due mortadelle non posso dir<0.ltro che non poco sono stati graditi tali capi, incominciando dalla mia consorte per le mortadelle, li figli per li salami, in particolare quello che sta in collegio, essendo molti giorni che

mi faceva istanza del salame, ed io più di tutto per li rosoli, giusto a proposito per li miei incomodi di stomaco, facendone uso alla mattina a digiuno in un bicchiere d’acqua fresca, particolarmente quello d’anesino che spesso lo pratico perché me mettono giovamento perciò io a nome di tutti ringrazio doppiamente».