Giulio Andreotti | Mortadella Libera

Mortadella Libera.
E anche la grande Sofia applaude di Giulio Andreotti.

Le proteste per l’inopinato divieto di importazione negli Stati Uniti della Mortadella italiana furono immediate, ma alla fine premevano maggiori problemi. E ci si consolò con un film in argomento interpretato da Sofia Loren, che in fondo ridicolizzò la decisione americana.

Nelle scorse settimane, in attesa della revoca di ben altri embarghi ed iniziative, è giunta la notizia che il divieto mortadellico è stato cancellato. Mi è venuto spontaneo di chiedere un commento a Sofia; e l‘ho ricevuto a stretto giro di Fax: «Che la Mortadella abbia ormai libero accesso negli Usa è una notizia particolarmente cara a chi. come me, ha fatto della cucina e dei cibi italiani il suo cavallo di battaglia. Conosco, quasi da esperta, la Mortadella, perché su quel tema ho girato un film in America. Conosco la maestria con cui il prodotto è confezionato e sono certa che incanterà gli americani, cosi come hanno fatto la pizza, la pasta asciutta, l’olio d’oliva, il parmigiano e tanti altri prodotti nostrani che ormai sono di casa in Usa».

Tutto è bene quel che finisce bene. Non sono un esperto in merceologia. Ma, poiché non mi risulta che siano State cambiate materie prime e tecniche di lavorazione, ne arguisco che le competenti commissioni d‘Oltreoceano abbiano finalmente riconosciuto di aver commesso un errore. Un po’ tardi, ma pazienza.

Visitai molti anni fa, a Casatenovo, nel Comasco, un grandioso salumificio, rimanendo ammirato dalla qualità e dalla quantità dei prodotti. Mi colpì anche l’utilizzo integrale di ogni componente del migliaio di suini mattati ogni giorno, con il metodo indolore (?) del transito su una passerella ad alta tensione. Il vecchio Cav. Vismara mi spiegò che nulla andava perduto (fino ai sieri farmaceutici e ai pettini). Restava inutilizzato solo il grugnito dei protagonisti. Non so se sia ancora cosi. Per analogia, ricordo qui un altro momento molto critico nell’interscambio alimentare con Washington. Nella forzata interpretazione di non so quale norma ecologica, era stato interdetto l’accesso al pecorino sardo. Gli esperti non avevano tenuto in conto che il nostro Capo dello Stato era nativo dell‘isola e legatissimo alla stessa. Inde irae. immediata tuonò la reazione dagli spalti del Quirinale, con minaccia di rottura di Patti e peggio. I nostri diplomatici sudavano freddo, cercando di attenuare con qualche «complimento» le durissime istruzioni personalmente stilate dall’onorevole Segni. Va detto però che il tono ultimativo raggiunse rapidamente l’effetto. Mi dicono che il locale funzionario sconfitto d’autorità sia stato preso da un attacco biliare, vedendo qualche anno dopo, in una trasmissione televisiva di una partita del campionato italiano di calcio, sul petto dei giocatori del Cagliari l’aborrita sigla del pecorino sardo.

(da: Il Resto del Carlino, 25 gennaio 2000)